“CICIRI E TRIA CU LI FRIZZULI”

In onore di San Giuseppe putativo si tramandano diverse tradizioni nel Salento, collegate alla Festa del Papà, il 19 marzo.

Un piatto tipico è quello che più ci lega alla ricorrenza e alla cultura contadina. Si tratta di una pasta e ceci molto gustosa e apprezzata che, a seconda delle aree del Salento, prende denominazioni diverse, tipo: “Ciciri e Tria”, oppure “Massa e Ciciri”,  o “Lagane e Ceci”, o ancora “Massa te San Giuseppe”. C’è anche un proverbio che recita: “San Giuseppe non passa, se non se mancia a massa” (tr: La festa di San Giuseppe non può finire, se non si gusta il piatto tipico”.

Le origini del piatto sono antichissime, c’è chi le lega alle incursioni dei popoli arabi, e chi ai greci per l’analisi del nome “tria”. Quello che più recentemente ci sembra importante evidenziare è che a marzo 2020 questo piatto, è stato riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, quale “Prodotto agro-alimentare tradizionale pugliese”.

Tradizione vuole che questo sia il piatto della solidarietà e della convivialità.

Anticamente in molti  borghi, nella serata del 19 marzo, qui nel Salento,  venivano allestite lunghe tavolate per offrire ai più poveri un pasto caldo quale suffragio a San Giuseppe, nel mentre, sullo sfondo, venivano allestite fòcare più o meno grandi in base alla possibilità offerta dal luogo. 

Nel paese di Ugento la tradizione è stata portata avanti fino al 2019, con il solo scopo della convivialità, sia il 19 marzo in forma più raccolta, sia nella prima settimana di agosto, tanto che negli anni, proprio in questo periodo, l’evento si è trasformato in una sagra dal forte richiamo turistico.

Resta comunque ancora vivo in molte famiglie cristiane il rito del “dono” di questo piatto, non necessariamente al povero, come s’intendeva in epoca passata, ma semplicemente al vicino di casa solo, all’anziano, oppure all’ammalato, o anche solo agli amici per uno scambio di “sapori”. (escluso periodo pandemico, che ci ha fatto diventare tutti diffidenti, purtroppo!).

Chi visita il Salento in estate, troverà in molti ristoranti la proposta in menù di questo piatto, magari con qualche variante, ma il classico che andremo a descrivere in questo articolo, è sicuramente quello più amato, e la differenza la fa proprio la presenza o meno dei “frizzuli”.

Per facilitare la comprensione dei termini dialettati, prima di andare avanti nella descrizione della ricetta, specifichiamo che TRIA è la pasta fresca tipo fettuccina, CICIRI sono i ceci secchi,  i FRIZZULI sono la tria fritta in olio evo e la PIGNATA è un recipiente in terracotta per la cottura al fuoco.

Fonte Cooking Experience Lecce.

La ricetta che segue è quella tradizionale che mia nonna, classe 1915, ha tramandato a mia madre, e lei a me, con cottura dei ceci nella “pignata” al fuoco.

Il rito della preparazione dei Ciciri e Tria inizia la sera prima, quando si mettono in ammollo i ceci nella pignata. Per regolarsi  con la quantità fra ceci e acqua, si compie  un gesto, difficile da spiegare ma facile a farsi, in pratica si inseriscono dei ceci nella pignata, poi si rigira la pignata quasi a rovesciarla sul palmo della mano e quando i ceci creano un unico livello fra quelli sul palmo e quelli nella pignata, vuol dire che la quantità è giusta per la dimensione della pignata scelta. Fatta la misura, si procede quindi a trasferire i ceci  in un contenitore  con poca acqua e si strofinano con sale grosso. Quindi si lavano poi con acqua fresca e si riversano nel recipiente coprendo con acqua, tanta quanto basta perché resti leggermente al di sotto della parte della pignata in cui essa si restringe.

La mattina dopo, si aggiunge sale q.b. e si inizia la cottura lenta al fuoco nel camino, avendo cura di aggiungere acqua di pari temperatura, man mano che quella iniziale viene assorbita.

Mentre i ceci cuociono, si prepara la TRIA, versando la farina di semola sulla spianatoia, di solito per la misura si considerano 100 gr di farina a persona + uno, s’impasta con acqua fredda inserendola poca e lentamente al bisogno. Si deve lavorare energicamente l’impasto, fino a quando non diventa liscio e raggiunge la giusta consistenza. Si forma una palla e si lascia riposare coperto da pellicola per una mezz’oretta. Quando si riprende l’impasto, si procede nel tirare  la sfoglia con il mattarello, fino ad uno spessore di 3 mm. Nella versione tradizionale, s’infarina bene la sfoglia, si ripiega su se stessa e si tagliano delle fettuccine di larghezza di un cm. circa, o a seconda dei gusti, a prescindere dalla larghezza scelta, le fettuccine non devono essere lunghe, ma al massimo di una decina di centimentri. Si lascerà la pasta fresca ad asciugare all’aria, fin quanto possibile. Poco prima dell’ultima fase, prenderemo circa un quarto della quantità di tria preparata, e la facciamo diventare “FRIZZULI”, e per questo, basta friggerla in olio evo, fino ad ottenere una cottura dorata nelle sue forme astratte, che si metteranno da parte su carta assorbente.

Quando i ceci saranno cotti, si prepara un soffritto con olio evo, cipolla, aglio, peperoncino e qualche pomodorino e/o un po’ di passata di pomodoro. Iniziando la cottura a fuoco medio si continua poi a fuoco basso.Quando la cipolla sarà quasi scomparsa e i pomodorini stracotti, si aggiungeranno i ceci con il loro brodo di cottura, poco alla volta, si regola di sale, e si continua la cottura nell’insieme, nel mentre si procede a schiacciare con la forchetta un po’ di ceci. Il brodo di cottura dei ceci non basterà e si continuerà quindi ad aggiungere dell’acqua calda, perché in questo brodo di ceci e odori, verrà cotta la tria, quindi dovrà  essere sufficiente, ma non molto diluito, per non disperdere i sapori. C’è chi cuoce la pasta a parte solo in acqua e la salta poi alla fine nei ceci.
Non in questa ricetta!

Una volta che il brodo con i ceci è in bollore, si immerge la tria, avendo cura di spolverarne prima l’eccesso di farina. In questa fase non bisogna allontanarsi dai fornelli perché ci sarà bisogno di girare delicatamente la tria e  aggiungere dell’acqua (pochissima!) affinché non si attacchi. Appena un minuto prima di spegnere, vanno aggiunti i frizzuli, avendo cura di unirli per bene a tutta la tria, perché, diversamente,sarà facile (e inevitabile) che qualche  commensale si  lamenti che di frizzulia gliene saranno capitati di meno.

Concludendo, si tiene a precisare che, in assenza di pignata, i ceci si possono cuocere in pentola come si è soliti fare; che se non si ha tempo per tirare la sfoglia con il mattarello si può utilizzare la macchina per la pasta e tirare le sfoglie fino al nr. 3 e poi, per tagliarle, passarle alla versione tagliatelle. Ovviamente chi non gradisce il peperoncino lo eviti, e chi preferisce una versione “bianca” piuttosto che rosato del piatto finale eviti il pomodoro o la passata. Come farina, si può utilizzare anche quella integrale, oppure 50% di semola di grano e 50% di farina d’orzo versione, quest’ultima, che personalmente preferisco.

Maria Domenica Malagnino

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